Teano sorge a 196 m s.l.m., sul versante est del massiccio del Roccamonfina e della vallata che la separa dal Monte Maggiore. Il borgo moderno è stato edificato su buona parte dei resti dell’antica Teanum Sidicium, fondata alla fine del IV sec. a.C. dalla tribù Sannita dei Sidicini, su un sito già sede di alcuni santuari italici attivi a partire almeno dal VI sec. a.C. lungo gli assi di comunicazione tra il Lazio, la Campania ed il Sannio. Il perimetro urbano della città antica, frutto del sinecismo di una serie villaggi dislocati fino agli ultimi rilievi collinari dei monti Trebulani, appare come definito dai resti delle originarie fortificazioni, dalle necropoli pre-romane e dal suggestivo percorso naturalistico che si dispiega lungo il corso del fiume Savone. Durante IV secolo d. C. Teano fu sede episcopale, poi soppressa tra il 555 e l’860. Conquistata dai Longobardi nel 594, divenne un insediamento militare a guardia del territorio di confine. Gastaldo alle dipendenza di Capua, fece parte anche della contea di Caserta, con Pandenolfo, ottenendo l’indipendenza a partire dal 981 sotto Landolfo e Gisulfo. A tale fase corrisponde un processo di ampliamento urbanistico, che dovette culminare nella costruzione di una nuova casa comitale (loggione), testimonianza di separazione tra l’amministrazione comitale (Castello) e quella pubblica (casa comitale nuova).
In questa importante contea longobarda furono redatti, nel 963, due dei primi documenti in lingua volgare: il Placito di Teano e il Memoratorio, attualmente conservati nell’archivio di Montecassino. L’ordine Benedettino, che ha avuto nei secoli a Teano tre importanti monasteri, stabilì qui la sua principale sede per alcuni decenni. Dopo la distruzione saracena dell’abbazia cassinese e l’uccisione dell’abate Bertario (nell’ottobre del 883), in effetti, i monaci superstiti si rifugiarono nel monastero della città, portando con loro parte del tesoro abbaziale e l’originale della Regola scritta dal fondatore. Successivamente Teano fu concessa come feudo ai Marzano, ai Carafa, ai Borgia ed ai Gaetani. Il 26 ottobre 1860, a pochi chilometri dal centro, nei pressi del Ponte di S. Cataldo, si incontrarono Vittorio Emanuele e Garibaldi. Monumenti pubblici di grande valore storico, come il Teatro Romano, dimostrano l’importanza di quello che le fonti letterarie antiche, da Polibio a Strabone, indicano come uno dei principali centri della Campania settentrionale. L’impianto dell’edificio pubblico, di epoca tardo-ellenistica, fu costruito sulle pendici orientali dell’altura di Villino S. Antonio, a breve distanza dalla zona detta di ‘San Pietro a Fuco’, identificata sulla base delle testimonianze documentarie ed antiquarie con il foro di Teanum Sidicinum. Il monumento è in buono stato di conservazione e risulta perfettamente inserito nel tessuto urbano antico, essendo infatti delimitato da due strade parallele est-ovest, una delle quali derivante dal reticolo stradale ortogonale ancora in parte osservabile nell’impianto della città moderna. Della struttura originaria è oggi visibile oltre la metà dell’intera superficie, sezionata lungo l’asse della cavea. Di questa sono chiaramente riconoscibili le parti realizzate in opera incerta, spesso inglobate in muri in opera testacea. La prima fase edilizia del teatro è databile all’ultimo ventennio del II secolo a.C., testimoniata dalle potenti sostruzioni voltate che sorreggevano una terrazza artificiale funzionale anche alla normalizzazione del fronte collinare di Sant’Antonio, la seconda al periodo tardo-ellenistico, cui corrisponderebbe un importante intervento di restauro dell’edificio scenico con l’inserimento di diversi elementi architettonici di pregevolissima fattura. Una radicale trasformazione della struttura avvenne negli anni compresi tra il regno di Settimio Severo e quello di Gordiano III, come si desume dall’iscrizione dedicatoria che doveva correre sul primo epistilio della scena. In tale fase, in effetti, la cavea si ampliò a spese della terrazza artificiale, sino ad arrivare ad un diametro di oltre 80 m., facendo perno sempre sull’orchestra ellenistica. Furono costruiti gli ambulacri esterni e ed un grandioso edificio scenico rettilineo, con un ordine di colonne monolite in corrispondenza della porta regia. La scaena frons fu dotata di un fastoso apparato ornamentale che doveva sviluppare, in sintonia con l’altissima committenza, temi connessi alle virtutes imperiali (la feracità della terra, l’abbondanza, le vittorie militari).
Nell’edificio trovano posto molteplici sculture di valore artistico, tra le quali è possibile distinguere, oltre ai ritratti imperiali dalle dimensioni colossali e di eminenti personaggi locali, il reimpiego delle statue di età augustea. Interessanti sono anche i tratti ancora oggi conservati della pavimentazione originaria, in travertino e calcare bianco, decorati con temi iconografici in stile pompeiano. Il complesso riportò in più punti un grave danno in conseguenza del terremoto avvenuto tra il IV e V secolo d.C.: il sisma avrebbe dovuto renderlo totalmente impraticabile, tuttavia è probabile che l’edificio scenico non fosse crollato ancora e che i capitelli e altre strutture ornamentali scomparvero in seguito ad una serie di furti successivi. Di rilevante interesse storico è senza dubbio anche il Duomo, eretto agli inizi del XII secolo su disegno d’Andrea Vaccaio. Nel corso del Cinquecento e del Seicento subì vari interventi, per essere recuperato definitivamente da Roberto Pane dopo la II guerra mondiale, nonostante il conflitto avesse provocato numerosi danni. Precede la facciata un portico su architravi, di recente realizzazione, in cui sono custodite due sfingi in granito di età imperiale. Il campanile e la cappella di S. Paride sono le uniche parti rimaste della struttura originaria. La torre campanaria, dalla forma imponente, ha la base realizzata con marmi antichi e conserva nella cappella le tele del De Mura oltre a splendidi stucchi settecenteschi.
L’interno conserva un soffitto a capriate ed è diviso in tre navate definite da colonne di granito con capitelli corinzi. Del primo nucleo benedettino insediatosi a Teano forse già nel VI secolo, resta oggi visibile la chiesa di San Benedetto, restaurata nel 1750 e poi nel 1876. L’edifico è a tre navate, ciascuna terminante in un’abside, con decorazioni in mattoni sull’esterno. La pianta è quella tipica delle costruzioni di culto di epoca carolingia in Campania, con l’utilizzo di colonne e capitelli corinzi, forse pertinenti ad un tempio pagano dedicato alla dea Cerere. Altri conventi cittadini furono quello femminile di Santa Maria de Intus, fondato nell’860, restaurato nel XII secolo e rimaneggiato nel corso dell’XVIII, il Monastero di Santa Maria de Foris, realizzato dai conti longobardi di Teano nel 987, il monastero di Santa Reparata, databile al IX secolo e soppresso nel 1500 a causa della sua posizione extraurbana, ed infine il complesso di Santa Caterina, voluto durante la metà del XVI secolo da Clerice Orsini, principessa di Teano. Il patrimonio storico-artistico della città si completa con la Chiesa di S. Paride, databile tra il IX ed il X secolo, di recente restaurata, la Chiesa di S. Francesco, del XIV secolo, la Chiesa di San Pietro in Acquariis, d’impianto paleocristiano, poi ricostruita nel XIV, ed infine il Complesso di S. Antonio Abate, con il suo splendido ciclo di affreschi del 1400 ed un altrettanto interessante chiostro tardo-gotico. Di grande valenza storica e culturale è il Museo di Teanum Sidicinum. Da non perdere è anche il MAUI, Museo delle Arti dell’Unità d’Italia, che ospita permanentemente opere d’arte contemporanea di Maestri nazionali e stranieri.
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