Verso sud – ovest, alle pendici del vulcano spento di Roccamonfina, si trova l’antica cittadina di Sessa Aurunca con un estensione del territorio comunale, tra colline e pianure, di circa 163 kmq.. Numerose sono le frazioni, relativamente lontane dal centro urbano, che aspettano solo di essere visitate per la loro bellezza urbanistica, per quella naturalistica ma anche per i tanti prodotti tipici. L’attuale Sessa Aurunca è l’antica Suessa, città degli Ausoni – Aurunci. Sconosciuta è la data di fondazione, sebbene già agli inizi del V secolo a. C. la si trova federata con altre città aurunche. I ritrovamenti di materiale archeologico presso il Ponte ronaco, o Ponte degli Aurunci, testimoniano l’esistenza su tale area di tombe risalenti all’VIII secolo a.C. e di un insediamento abitativo del VII secolo a. C. Tali resti fanno chiaramente presupporre l’esistenza di una popolazione stanziatasi sin dall’età protostorica. Con l’ascesa politico – militare di Roma, Sessa Aurunca ne diventa colonia, assorbendone l’arte e la cultura. Il periodo di massima espansione urbanistica si ha in età imperiale, tanto che l’abitato occupava un’area quasi il doppio dell’attuale. Poco si conosce di Sessa Aurunca e del suo territorio nel periodo seguente la caduta dell’impero romano. Sicura, però, è la presenza di una comunità cristiana, testimoniata dalla Catacomba di San Casto, oggetto di recenti scavi archeologici. Con l’avvento della dominazione normanno – sveva, Sessa conosce un lungo periodo di floridezza economica e sociale. Risalgono ai secoli XII e XIII la costruzione della Cattedrale romanica, l’ampliamento del Castello e della cinta muraria. Alla fine del secolo XIV, il feudo di Sessa viene acquistato dalla famiglia Marzano e vi rimane sino alla seconda metà del secolo XV. Tra i personaggi di rilievo dei Marzano si ricorda il duca Giovanni Antonio, che favorisce la presenza e la costruzione di diversi edifici per gli “ordini mendicanti”, e di Marino, noto per aver partecipato alla “congiura dei baroni” contro il re di Napoli, Ferrante d’Aragona.
I Marzano chiamano al loro servizio maestranze provenienti dalla Spagna e già attive a Napoli, che imprimono all’architettura lo stile durazzesco- catalano, oggi individuabile in diversi portali, monofore e bifore del centro storico. Altro edificio civile, in cui è possibile osservare la committenza dei Marzano, è il Castello. Edificato su un importante sito romano dai Longobardi, è completamente ricostruito nel periodo normanno – svevo. Divenendo residenza della famiglia Marzano a partire dalla fine del secolo XIV si susseguono interventi tendenti a modificare l’aspetto di austero maniero con quelli di un palazzo residenziale. Pur conservando le cortine murari e le torri quadrangolari, tipiche del periodo medievale, si aprono eleganti bifore e loggette ad archi depressi, che tendono a snellire l’aspetto architettonico e a renderlo più confortevole. L’intero Castello è destinato ad ospitare la Biblioteca ed il Museo Civico. Di questo è già presente un primo nucleo costituito da reperti archeologici provenienti, nella quasi totalità, dagli scavi del Teatro romano di Sessa. Tra i reperti di maggior rilievo vi è la statua di Matidia minore, cognata dell’imperatore Adriano, raffigurata come una divinità e realizzata con due differenti qualità e colori di marmo, grigio e bianco, in una officina dell’Asia minore. Sempre nelle sale espositive si osservano diversi corredi funebri, provenienti da una necropoli aurunca risalente al IV secolo a. C.. Attraversando via Taddeo de Matricio, si giunge alla Chiesa dell’Annunziata, edificata alla fine del secolo XV per volontà della corporazione dei “conciari e calzolari”. La pianta a croce greca, divisa dai pilastri in tre navate, è tipica del gusto rinascimentale che si andava ad imporre in quel periodo. Al suo interno è possibile osservare diversi dipinti del sec. XVIII, tra cui l’Annunciazione di Sebastiano Conca, accanto ad altri di datazione differente. Tra questi vi è la tavola raffigurante la Pietà, del secolo XV, proveniente dalla diruita chiesa di San Biagio ed esposta nella cappella dell’Addolorata. Sempre in quest’ambiente vi è la lastra tombale, del secolo XVI, del governatore di Sessa, Don Lope de Herrera, attribuita allo scultore Annibale Caccavello.
Percorrendo corso Lucilio si attraversa la strada principale della cittadina e, deviando per una delle vie laterali, si arriva in una piazzetta sulla quale si erge la Cattedrale, dedicata ai santi apostoli Pietro e Paolo. Costruita tra il 1103 ed il 1113, conserva ancora oggi il suo aspetto romanico – cassinese, malgrado i diversi riammodernamenti e restauri, che ne hanno alterato alcune sue parti. Incuriosiscono le varie ipotesi avanzate sul contesto urbanistico in cui sorge l’edificio. Secondo alcuni, la Cattedrale fu edificata sulle rovine del tempio di Mercurio, per altri invece su un edificio altomedievale. Innegabile è l’ampio riutilizzo di materiale antico proveniente dalla Sessa romana. Il portico, ampliato alla fine del XII secolo, è a tre arcate poggianti su colonne di reimpiego con capitelli medievali che si intervallano ad altri antichi. Ampia la presenza di elementi scultorei, come capitelli, archivolti, mensole ed architravi prevalentemente raffiguranti leoni ed animali. Nella zona superiore della facciata vi è un finestrone, inquadrato da un’edicola triangolare, anch’esso arricchito da sculture. L’interno della cattedrale è composto da tre navate, divise da colonne con capitelli prevalentemente corinzi ed altri medievali. La navata centrale presenta una volta con stucchi tipici del Settecento napoletano che testimoniano un profondo intervento di trasformazione dell’edificio in stile barocco, in parte cancellato con i restauri della seconda metà del secolo Ventesimo. Tra gli elementi artistici più interessanti vi è l’ambone con il candelabro per il cero pasquale, caratterizzato da un’alternanza di mosaici a pasta vitrea e sculture a bassorilievo. Entrambi databili alla prima metà del secolo XIII, si ritengono eseguiti, per gli elementi scultorei, da Peregrino, così come riportato sul bassorilievo raffigurante “Giona ed il cetaceo”. Il pavimento della navata centrale è ancora oggi interamente mosaicato ed eseguito, probabilmente, da maestranze di scuola bizantina già operanti presso l’abbazia desideriana di Montecassino. Tra i dipinti presenti nell’edificio cultuale, vi è la “Comunione degli Apostoli” di Luca Giordano, esposta nella Cappella del Santissimo Sacramento, e la pala della “Madonna del Popolo”, attribuita a Marco Cardisco, collocata nell’abside centrale.
Sempre da corso Lucilio, attraversando via Ugolino, si giunge in uno slargo in cui, secondo la tradizione popolare e testimonianze agiografiche, San Francesco d’Assisi ha riportato in vita un fanciullo. In questa piazzetta detta anche “delle colonne”, vi è la chiesa di San Germano, di fondazione medievale. La facciata, divisa in tre ordini e rifatta nel Seicento, presenta nella zona centrale due statue raffiguranti San Germano e San Benedetto mentre nella zona superiore, una sorta di “belvedere”, che consentiva alle monache benedettine di clausura, proprietarie dell’edificio, di osservare la “vita quotidiana”. La ricchezza degli stucchi, che decorano tutto l’interno, è frutto di un intervento di fine Seicento, Gli altari, in marmi policromi commessi, possono essere attribuiti all’ambito di Dioniso Lazzari. Il pavimento della navata, stupendo esempio di “riggiolai” napoletani, è databile alla seconda metà del XVIII secolo.
Municipio – Corso Lucilio: tel. 0823602201
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Carabinieri: tel. 0823601400
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Sito internet: www.comune.sessaaurunca.ce.it