Itinerari

Siti paleontologici

Il territorio in cui s’inserisce il Parco è ricco di ritrovamenti archeologici di notevole interesse. Riemergono frequentemente tracce e resti architettonici che testimoniano il complesso degli antichi processi insediativi, che hanno organizzato il territorio sin dall´epoca della civiltà aurunca e sidiciana e che oggi rappresentano elementi essenziali degli attuali paesaggi naturalistico-ambientali. Un’interessante scoperta archeologica sulle pendici del complesso vulcanico del Roccamonfina, in località Foresta, frazione del Comune di Tora e Piccilli, riguarda il ritrovamento delle più antiche orme umane ad oggi conosciute. Queste orme, impresse sulla colata lavica, hanno da sempre alimentato fantasie e superstizioni popolari. Erano, infatti, ritenute segno del male, orme del demonio, il solo essere in grado di “camminare” sulla lava. Così nella tradizione popolare quelle orme sono chiamate ” Ciampate del diavolo “, le orme del diavolo. In realtà le recenti ricerche degli studiosi (2002) confermano che si tratta di orme della specie Homo, probabilmente Homo Heidelbergensis (vissuto tra i 500.000 e i 200.000 anni fa), progenitore dell´Homo di Neanderthal e dell´Homo Sapiens. Le orme ritrovate sono in totale 56 e si dispongono su tre piste. La prima, lunga una ventina di metri, presenta un tracciato a zig zag ed è costituita da 27 orme; la seconda è caratterizzata da un tracciato in linea retta e conta 19 orme; la terza pista, poco più distante dalle prime due, presenta, come la prima, un tracciato a zig zag ed è costituita da10 orme. In alcune di queste è possibile scorgere l´impronta dell´alluce e delle altre dita del piede. La lunghezza delle impronte è di circa 20-22 cm., che corrispondono al nostro 34 di piede. Da ciò si può dedurre che siano state lasciate da individui alti all´incirca un metro e cinquanta centimetri. Le tre piste evidenziano una deambulazione completamente bipede con utilizzo delle braccia solo in fase d’appoggio e riequilibrio in zone di forte pendenza. Uno degli ominidi, colui che procede in linea retta, perde più volte l´equilibrio e per ritrovarlo appoggia tre volte le mani a terra, gesto di cui ci rimane testimonianza nelle tre impronte di mani impresse nella lava. E´ da ricordare che questo è l´unico caso conosciuto al mondo di tracce fossili delle mani. Si è anche accertato che le orme non sono state lasciate sulla lava ardente, ma su depositi vulcanici imbevuti d´acqua non ancora completamente compatti che, solidificandosi, le hanno conservate perfettamente. Esse testimoniano la presenza dell´uomo in un luogo impervio e pericoloso a causa dell’attività vulcanica. I caratteri d’eccezionalità e unicità di questa scoperta sono tali da far immaginare che l´intera zona archeologica possa essere, nei prossimi anni, oggetto di ricerche e scavi, allo scopo di approfondire le conoscenze sui nostri antenati e divenire un importante punto di riferimento per studiosi italiani e internazionali.

Siti archeologici

Il sito archeologico più rilevante del territorio di Roccamonfina è rappresentato dal recinto delle Mura Megalitiche di Monte La Frascara, denominato in età medioevale Orto della Regina e da quello di Monte S. Croce. Queste antiche mura traggono la loro particolarità dalla posizione e dal ruolo d’elemento emergente entro un più articolato sistema insediativo che si sviluppa nell´area del vulcano e che risponde ad una volontà di conquista di uno spazio difficile. In diversi studi è stata formulata l’ipotesi che le mura megalitiche di Monte S. Croce e di Monte Frascara rientrassero in un vero e proprio sistema difensivo sannitico, costituito da cinte fortificate in opera poligonale, di cui sono state ritrovate tracce anche nei territori limitrofi. La cinta dell´Orto della Regina, posta a quota 928 mt. sul livello del mare, non è molto estesa ed è caratterizzata da un andamento poligonale irregolare, con lati e angoli disuguali. Le mura, il cui perimetro misura circa 180 metri, racchiudono un´area di circa 2500 mq. e sono costruite in modo tale da delimitare la sommità della vetta del monte La Frascara. Queste ultime seguono e si adattano alla conformazione orografica dell´area, includendo nel tracciato, in diversi tratti e soprattutto lungo il lato orientale, grosse sporgenze di roccia che raggiungono anche l´altezza di tre metri. Una folta vegetazione, avvolgendo le mura in una magica atmosfera, contribuisce ad aumentarne notevolmente la suggestione. La cortina è costituita al suo interno da filari di blocchi, grossolanamente sbozzati, di dimensioni varie ma molto più piccole di quelle dei blocchi esterni.  A ridosso delle mura della città antica di Sessa Aurunca si trova l’imponente struttura di un altro teatro romano risalente al I sec. a.C. Gli scavi, iniziati da Amedeo Maiuri negli anni ‘20, si sono conclusi solo da pochi anni portando alla luce quasi integralmente l´intero monumento. Si doveva trattare di una struttura particolarmente imponente e importante, ma in epoca medievale fu completamente spogliata e delle antiche decorazioni e marmi oggi non rimane più traccia. Sempre a Sessa Aurunca nel 1926 fu portato completamente alla luce il manufatto del Criptoportico romano, situato lateralmente al complesso conventuale di S. Giovanni a Villa, e risalente al I sec. d. C. Sulle pareti del Criptoportico sono visibili iscrizioni in greco e latino che descrivono situazioni della vita del tempo. Sull’antica strada che univa l’antica città di Sessa all’Appia antica nei pressi della costa, si trovano i resti del Ponte Aurunco (detto ponte Ronaco). Questo antico viadotto romano è costruito su 21 arcate ed è databile tra il I e il II sec. d. C. All’imbocco della strada – che porta dal quartiere Borgo Nuovo al Ponte Ronaco – sono visibili resti d’edifici sepolcrali d’epoca romana. Altri resti di strutture romane, risalenti ai periodi tardo-repubblicano ed imperiale e inglobate nelle mura del Castello Ducale di Sessa Aurunca, sono visibili dalla strada che costeggia il castello ad occidente. Infine un elemento particolarmente rilevante di questo territorio è la Via Latina, la consolare romana che ha resistito nel tempo ai profondi sconvolgimenti della valle, lungo la quale si localizzarono altri insediamenti. Nel nostro viaggio alla scoperta degli itinerari archeologici del Parco incontriamo, a Teano, l´antica struttura di un teatro romano d’epoca tardo-ellenistica. Quest´ultimo, in buono stato di conservazione, ha una cavea semicircolare e poggia interamente su fornici. In età tardo adrianea o antoniana fu ampliato fino a raggiungere un diametro di 85 metri. Del grande anfiteatro di Teano, citato anche da Cicerone, non sono fino ad oggi stati ritrovati i resti. Il Museo Archeologico Statale di Teano, si colloca nello splendido edificio del Loggione, della seconda metà del XIV secolo, e rappresenta la maggiore struttura espositiva dell’alto casertano, promosso agli inizi degli anni ´80.

Chiese e conventi

Nell’antico borgo di Roccamonfina si trova, nei pressi della piazza Nicola Amore, la Collegiata di S. Maria Maggiore, interessante testimonianza di architettura rinascimentale da cui, attraverso un portale in pietra basaltica, accediamo alla chiesa che si sviluppa in tre navate. A ridosso della facciata, preceduta da un pronao, troviamo un campanile sopraelevato, a tre ordini e con monofore, sulla cui facciata alberga uno splendido orologio di mattonelle maioliche raffiguranti le quattro stagioni. Il Santuario e il Convento di SS. Maria Dei Lattani, è uno dei più interessanti complessi dell’arte quattrocentesca campana. Il complesso conventuale ha subìto nel corso di oltre cinque secoli numerosi e talvolta notevoli interventi di restauro, ristrutturazione e ampliamento, sicché appare oggi riccamente stratificato, evidenziando la primitiva struttura romanica inglobata e unificata nel grande tempio gotico. La Cattedrale di Sessa Aurunca, monumento insigne, fu edificata in età normanna tra il 1103 e il 1113, ed è uno degli esempi più illustri dell’architettura romanica in Campania. Nonostante le aggiunte e le trasformazioni subite soprattutto durante il XVIII secolo, l’edificio conserva nell’insieme la sua primitiva struttura romanica. La facciata, che nella parte alta presenta un grazioso finestrone, è preceduta da un portico a tre arcate del XIII secolo, sorrette da pilastri fiancheggiati da colonne antiche, sormontate, a loro volta, da figure sporgenti di animali. L’interno è suddiviso in tre navate, divise da 18 colonne con particolari capitelli corinzi, quella centrale, più ampia e alta delle laterali, presenta al di sopra degli archi della navata, un elegante rivestimento in stucchi settecenteschi. Di notevole valore artistico sono il “candelabro” per il cero pasquale ed il “pergamo”, entrambi opera del maestro Pellegrino ed entrambi riccamente decorati. Nel borgo di Galluccio sorge la Collegiata di S. Stefano Protomartire che, fondata nel Medioevo, fu riedificata nel XVI secolo e più volte rimaneggiata. Secondo un’antica tradizione, fu Papa Giulio II, riconoscente per l’accoglienza ricevuta dal parroco del luogo durante una breve visita al borgo, a volere la costruzione della Collegiata, così come si presenta oggi. L’interno, a navata unica, con cappelle e stucchi barocchi, si compone di un soffitto in legno a cassettoni, compartiti a figure poligonali, con intagli e rosoni splendenti d’oro, dando vita ad un’opera davvero stupenda del XVII secolo. Un pregiato dipinto su tela ad opera di Jacopo Cestari, allievo di Luca Giordano, è collocato al centro della struttura e raffigura la “ Flagellazione di S. Stefano”, di recente restaurata. In contrada Cisterni, a circa 2 km da Galluccio, sorge la Cappella di S. Nicola, eretta su un’antica cisterna romana. Di elevatissimo interesse storico – artistico, grazie agli affreschi del Trecento, del Quattrocento e del XVIII secolo presenti all’interno della chiesa, la Cappella ha origini antichissime e ricorda il luogo dove Papa Innocenzo II, durante le fasi di combattimento con le truppe di Ruggero II, si rifugiò prima di essere ivi catturato ed imprigionato. Raggiungibile attraverso un’antica via in basolato squadrato in pietra vulcanica è la Chiesa di S. Pietro Apostolo, nel borgo di Conca della Campania, risalente al XV secolo, la cui splendida facciata in tufo di grande pregio architettonico, è affiancata da un campanile e da una serie di contrafforti, dai quali si evince la ristrutturazione operata nel corso del XX secolo. La Chiesa è costituita da tre navate, dove ammiriamo la cantoria con organo d’antica fattura, la sacrestia restaurata e una graziosa cappella dove ancor’oggi si conserva una pala d’altare raffigurante “L’Ultima Cena”. Percorrendo la via verso Piccilli incontriamo la Chiesa di S. Giovanni Apostolo, di tradizione forse medievale, ma rimaneggiata nel ’700. La facciata, preceduta da un’ampia scalinata, presenta un doppio ordine, di cui quello inferiore caratterizzato da un portale e quello superiore con un finestrone rettangolare finemente decorato e un timpano triangolare sormontato da pinnacoli.

Castelli

Sessa Aurunca racchiude in se un importante patrimonio archeologico e storico – monumentale che si articola intorno al Castello. Eretto su strutture d’origine romana, l’antico costrutto presenta un corpo originario di epoca longobarda ma, sfortunatamente, di tale fase non v’è più traccia, mentre nelle alte cortine murarie, con torri quadrangolari a spigoli rinforzati, riconosciamo la successiva fase normanna. L’ampliamento del Castello risale all’epoca di Federico II e consiste nella creazione di torri di rinforzo centrali e delle stesse cortine murarie. Durante il XV secolo l’edificio venne trasformato in palazzo residenziale ad opera dei Marzano, con l’inserimento di elementi architettonici di gusto durazzesco – catalano. Artistiche bifore adornano il cortile interno su cui si apre una graziosa loggetta ad archi depressi con colonne e capitelli di spoglio. Dall’Ottocento in poi il Castello fu sottoposto a varie ristrutturazioni.  Il Castello feudale di Galluccio è famoso perché vi fu imprigionato papa Innocenzo II dopo la sconfitta dell’esercito pontificio ad opera di Ruggero II e perchè nel castello ebbe i natali Giovanni Antonio Campano, insigne letterato storico umanista dell’400. Molto importante è, inoltre, il Castello di Conca della Campania, che nel XIX secolo divenne proprietà dei Galdieri, che cercarono per molto tempo di conservarne lo splendore. Della poderosa costruzione restano oggi alcuni ambienti e torri di pianta quadrata, che rivelano la trasformazione dell’edificio nel corso del cinquecento, da struttura militare a palazzo rinascimentale. A quel periodo, infatti, risale il pregevole portale in marmo che immette nell’androne. Degna di nota è la scala che dal cortile porta al piano nobile, dove tra i vari ambienti si trova la cappella che custodisce la seicentesca statua lignea della Madonna della Libera. Il Castello duecentesco dei Marzano, a Marzano Appio, sulla vetta del colle Terracorpo, infine, richiama nei particolari ornamentali la produzione napoletana del XV secolo. Il Castello, a pianta rettangolare, fu progettato per assolvere funzioni strategiche e militari. La delicatezza dello stile tardo – gotico, tuttavia, rese l’edificio più simile a un grande palazzo che a una fortezza. Ad oggi, la facciata è pressocchè intatta.

Musei

Il Museo Civico di Sessa Aurunca è attualmente ospitato in alcune sale del Castello Ducale dell´antico borgo, ed ospita una mostra permanente di materiali archeologici provenienti dal territorio sessano, mentre, nel cuore dell’antico borgo di Galluccio, troviamo il Museo di Scienze Naturali, che ospita un’importante raccolta di specie animali. Famoso nel mondo è il Museo di Teanum Sidicinum, inaugurato nel 2001 ed ospitato nello splendido complesso monumentale cosiddetto del “Loggione e Cavallerizza”. L´edificio, costruito nel XIV secolo per la famiglia Marzano, è uno splendido esempio di architettura gotica con funzioni civili: tribunale, sala d’armi o sede di nobili famiglie. In parte trasformato nei secoli successivi, l’edificio conserva ad oggi, due navate coperte da volte a crociera, sorrette da archi a ogiva risalenti all’impianto originario. A differenza di altri musei campani di antica fondazione, il Museo di Teano non conserva tra le sue collezioni raccolte private o fondi accumulatisi nel tempo: il Museo è, infatti, strettamente legato al territorio e alle scoperte, talune straordinarie, avvenute nel corso del XX secolo. l Museo racconta, grazie all’esposizione di poco meno di mille reperti, la storia della sua città e del suo territorio ricoprendo un periodo che va dalla preistoria alla tarda antichità e la visita al Museo rappresenta un viaggio figurato nel territorio attraverso i secoli. Da non perdere è anche il MAUI, Museo delle Arti dell’Unità d’Italia, che ospita permanentemente opere d’arte contemporanea di Maestri nazionali e stranieri.